Pensateci due volte prima di limitare l’uso del gioco video ai figli; e poi non fatelo!
Pubblicato il 7 gennaio 2012, da Peter Gray in Freedom to Learn
Parecchi genitori mi hanno chiesto, durante le mie conferenze, se fosse opportuno limitare il gioco al computer dei loro figli. Altri mi hanno detto di aver effettivamente limitato il gioco al computer dei figli, o quanto meno il tempo giornaliero che questi passano allo schermo, in un tono che sembrava sottintendere che ogni genitore ragionevole dovrebbe farlo.
Le persone che seguono questo blog potranno forse indovinare quale possa essere la mia posizione. Io ho un’alta opinione delle capacità dei ragazzi quanto a scelte positive riguardanti l’uso del loro tempo libero, nel caso in cui abbiano veramente quelle scelte. Alcuni ragazzi trascorrono lunghi periodi esclusivamente concentrati su una sola cosa, mentre alcuni adulti pensano che qualcosa non vada, solo perché loro (gli adulti) non hanno fatto quella scelta. Ma per mia esperienza, se ai ragazzi viene veramente data la libertà di esplorare in vari modi diversi, anche se finiscono per giocare o esplorare in maniera apparentemente unilaterale, lo fanno perché riescono a cavarne fuori qualcosa di significativo. Come esempio evidente v’invito a guardare il film sulla homepage del sito della Sudbury Valley School, in cui un giovane racconta come tutto l’anno non abbia fatto altro che giocare al computer.
È sempre un errore, ritengo, dire ai ragazzi quello che devono o non devono fare, tranne nei casi in cui gli si chieda di contribuire un po’ alle mansioni domestiche o di non recare danno a noi o ad altre persone. Ogni volta che impediamo ai nostri ragazzi di giocare o di esplorare nella maniera che preferiscono, aggiungiamo un’altra pietra al muro che ci separa. In pratica è come se dicessimo: “Non ho fiducia nel tuo modo di controllare la tua vita”. I ragazzi soffrono oggi non per il gioco eccessivo al computer o per il tempo eccessivo passato allo schermo. Soffrono dell’eccessivo controllo da parte degli adulti sulla loro vita e del fatto di non avere abbastanza libertà (cfr. saggio sull’incremento della depressione e dell’ansia).
I ragazzi che sono veramente liberi sono in grado di sapere quel che è meglio per loro, e specialmente come trascorrere il tempo libero. I ragazzi sono tutti diversi, proprio come lo sono gli adulti, e non possiamo entrare nelle loro menti e scoprire quello che riescono a ricavare da qualcosa che non comprendiamo. Conosco una ragazza che, per anni, ha trascorso ore e ore al giorno a guardare spettacoli televisivi che io consideravo del tutto insulsi; ma con il tempo, ho scoperto che lei ne ricavava molte cose. L’aiutavano a pensare in maniera nuova. Riusciva a capire almeno, quanto lo facessi io, perché quegli spettacoli fossero insulsi, ma vedeva anche il perché fossero intelligenti, per cui li analizzava ed imparava. In effetti, essi hanno grandemente contribuito al fatto che divenisse una brava attrice (poiché alla fine le vennero affidati dei ruoli principali negli spettacoli della scuola), proprio perché aveva già messo in scena con la sua fantasia diversi ruoli, mentre guardava la televisione. Erano anche all’origine della sua predilezione per lo studio della psicologia umana. Attualmente lei vuole intraprendere una carriera come psicologa clinica.
Ho anche conosciuto dei ragazzi che trascorrevano moltissimo tempo a leggere – soltanto seduti a leggere “senza fare niente” anche fino a 10 ore al giorno. Ragazzi del genere sono sempre esistiti, anche quando io ero ragazzo. Non riuscivo a capire perché volessero solo restare seduti a leggere piuttosto di venire a pescare con me. Che perdita di tempo! Tuttavia non ho mai trovato un genitore che limitasse il tempo di lettura dei ragazzi. Perché è meglio limitare il tempo dedicato alla televisione o al computer e non quello della lettura o dei libri? Perché ci preoccupiamo se un ragazzo trascorre o 4 o 5 ore allo schermo di un computer, facendo quello che vuole fare, ma non ci preoccupiamo dello stesso ragazzo che sta seduto a scuola per 6 ore al giorno e poi fa i compiti per altre 2 ore – facendo quello che altri lo obbligano a fare? Vi chiedo di prendere in considerazione la possibilità che il ragazzo stia imparando al computer delle lezioni più valide di quelle scolastiche, in parte perché l’attività al computer deriva da una scelta personale, a differenza dell’attività scolastica.
I computer sono gli strumenti più importanti della società moderna. Perché vorreste limitare la possibilità dei ragazzi di giocarci ?
Perché vogliamo limitare il tempo passato al computer dai ragazzi ? Il computer è indubbiamente uno strumento unico, il più importante della società moderna. La nostra volontà di limitare il tempo trascorso al computer dai ragazzi potrebbe paragonarsi all’imposizione di un limite da parte dei cacciatori-raccoglitori al tempo trascorso dai loro ragazzi con l’arco e le frecce. I ragazzi che vengono al mondo sono fatti per guardarsi attorno e scoprire ciò che è utile sapere per entrare a far parte della cultura nella quale sono nati. E sono molto più dotati degli adulti. Perciò apprendono la lingua così velocemente e percepiscono il mondo che li circonda molto più rapidamente degli adulti. Per tale motivo i figli provenienti da famiglie immigrate s’interessano più particolarmente alla lingua parlata dai loro coetanei nella nuova cultura, piuttosto che alla lingua parlata dai loro genitori. Questo è anche il motivo per cui, ad ogni nuova innovazione tecnologica i ragazzi ne apprendono l’uso molto più rapidamente dei loro genitori.
Sanno istintivamente quello che devono apprendere per riuscirci.
Perché continuiamo a dar retta alle “autorità” – compresa l’Accademia americana dei pediatri (American Academy of Pediatricians) – che ci mettono in guardia sul fatto che dobbiamo limitare il gioco al computer dei ragazzi? Ritengo che buona parte di questo allarmismo e di questa paura derivi da una tendenza generale da parte di noi più anziani a diffidare dei nuovi media. Platone ne La Repubblica, sosteneva che occorresse proibire gli spettacoli e la poesia a causa dei loro effetti nocivi sui giovani. Quando venne scoperta la scrittura e diventò tecnicamente facile scrivere, i giovani vi si dedicarono con molto entusiasmo, tuttavia alcuni anziani non mancarono di avvertirli della possibilità che imputridisse le loro menti; praticandola, infatti, la loro memoria non si sarebbe più esercitata. Quando si cominciarono a stampare i romanzi e furono resi accessibili alle masse, molti erano dell’avviso che essi avrebbero condotto i giovani – specialmente le ragazze e le giovani donne – a una degenerazione morale. Quando la televisione cominciò a entrare nelle case delle persone, ci furono avvertimenti catastrofici di ogni tipo, riguardo ai danni fisici, psicologici e sociali che avrebbe causato.
I videogiochi sono stati messi in causa dagli allarmisti fin dalla loro apparizione, e gli attacchi non sono diminuiti. Se navigate in rete su internet, e lanciate una ricerca con le parole chiave: effetti nocivi dei videogiochi, troverete ogni genere spaventoso di proteste . Uno dei siti mette in guardia contro il fatto che i videogiochi generino depressione, aggressività fisica, disturbi del sonno disturbi psicosomatici, obesità, disturbi dell’attenzione, e la lista si allunga. La sola malattia che forse riescono a tralasciare è l’acne.
Le proteste più comuni sui videogiochi sono sul fatto che essi tendano 1) a isolare socialmente, 2) a ridurre le opportunità di praticare attività all’aperto conducendo quindi all’obesità e a una salute cagionevole, 3) a incitare i ragazzi alla violenza, qualora i giochi presentassero un contenuto violento. A questo riguardo, naturalmente, le prime due affermazioni potrebbero essere più veridiche nel caso della lettura dei libri, piuttosto che per i videogiochi. Per quanto riguarda la terza affermazione, non vedo alcuna ragione ovvia per cui fingere di uccidere personaggi animati nei videogiochi abbia più probabilità di provocare un assassinio vero, che non, per esempio, il racconto di Shakespeare dell’assassinio del suo patrigno da parte di Amleto. Eppure facciamo leggere “Amleto” a scuola ai nostri ragazzi.
La ricerca rifiuta i miti spaventosi riguardo agli effetti nocivi dei videogiochi.
Svolgendo una ricerca sulla documentazione esistente, troverete ben poche prove, qualora esse esistano, a favore delle proteste degli allarmisti, e molte prove evidenti contro tali affermazioni. In effetti, studi sistematici hanno dimostrato che i giocatori abituali di videogiochi sono – quanto meno – fisicamente più in forma, meno soggetti all’obesità, spesso amanti del gioco all’aperto, più implicati socialmente, più adattati alla società, e più civili rispetto ai loro coetanei che non giocano. [1] Una ricerca su larga scala condotta in quattro città dell’Olanda ha dimostrato – contrariamente a quella che, suppongo, fosse l’ipotesi iniziale – che fosse più probabile che i ragazzi che possedevano un computer o anche una televisione in camera giocassero fuori, rispetto a quei ragazzi che non avevano facilmente e privatamente accesso allo schermo. [2] Uno studio fatto dal Centro di ricerca Pew Research ha concluso che i videogiochi, lungi dall’isolare socialmente, servono a collegare i giovani tra di loro o alla società in genere. [3] Un’altra ricerca ha documentato in maniera qualitativa le svariate maniere in cui i videogiochi servono a promuovere l’interazione sociale e l’amicizia. [4] I ragazzi fanno amicizia con altri giocatori, personalmente, oppure online. Parlano tra di loro dei giochi, si insegnano vicendevolmente le strategie, e spesso giocano insieme, nella stessa stanza oppure online.
Per quanto riguarda la violenza, le meta-analisi dei molti studi intrapresi, volti a scoprire gli effetti dei videogiochi violenti rispetto alla violenza della vita reale, sono giunte alla conclusione che, complessivamente, esistono scarse prove, o addirittura nessuna, di questi effetti. [5] È anche interessante notare che nei decenni in cui i videogiochi violenti sono regolarmente aumentati, c’è stata una costante diminuzione della violenza giovanile nella vita reale. Non voglio dire che la diminuzione della violenza nella vita reale sia in qualunque modo causata dall’aumento dei videogiochi violenti, ma esistono delle prove che stabiliscono che il fatto di giocare a quei giochi possa contribuire a far controllare alle persone la propria aggressività. In un esperimento, alcuni liceali furono sottoposti a un esercizio mentale frustrante volto a valutare i loro sentimenti di depressione e di ostilità. A tal proposito si scoprì che i giocatori abituali di videogiochi violenti si sentivano meno depressi e meno ostili 45 minuti dopo l’esperienza frustrante, rispetto agli altri studenti che non giocavano a tali giochi. [7]
Devo ammettere che io personalmente odio le espressioni esplicite della violenza, nei giochi o altrove, ma non invoco nessuna virtù morale per questo, sono semplicemente schizzinoso. Mia moglie e i miei figliastri, che come me sono non violenti nella vita reale, mi prendono in giro al riguardo. Cercano d’impedirmi di vedere certi film, e hanno preso l’abitudine di andarne a vedere alcuni senza di me.
È stato dimostrato che i videogiochi hanno parecchi effetti positivi sulle potenzialità del cervello.
Parecchi studi di ricerca ben congegnati hanno dimostrato gli effetti positivi dei videogiochi sullo sviluppo mentale. Sperimenti ripetuti hanno dimostrato che il giocovideo con azioni molto veloci può aumentare il punteggio dei giocatori nei test di abilità visuospaziale, compresi quei test che vengono usati nei normali test di quoziente intellettivo (Q.I.). [8] Altri studi fanno pensare che, a seconda del tipo di giocovideo, i giochivideo possano anche aumentare il punteggio in materia di memoria di lavoro (l’abilità di ritenere parecchie informazioni in una sola volta), il pensiero critico, e la risoluzione di problemi. [9] Inoltre, sono aumentate le prove a favore del miglioramento delle facoltà di alfabetizzazione nei ragazzi che precedentemente mostravano scarso interesse per la lettura e la scrittura, grazie alla comunicazione testuale dei giochivideo in linea. [10]
Quando viene chiesto ai ragazzi, in indagini o gruppi campione, cosa preferiscano nei videogiochi, loro parlano spesso di libertà, di conduzione autonoma, e di competenza. [11] Nel gioco, prendono le loro decisioni e si battono per rilevare le sfide che loro stessi hanno scelto. A scuola e in altri contesti dominati dagli adulti, possono essere trattati da idioti che hanno costantemente bisogno di essere guidati, ma nel gioco, sono i responsabili e possono risolvere problemi difficili e dare prova di capacità straordinarie. Nel gioco l’età non ha importanza, al contrario dell’abilità. Per questo i videogiochi sono come le altre forme di gioco veridico.
I vantaggi speciali del giocatore di MMORPG, Massively Multi-Player Online Role-Playing Game [Multigiocatore di ruolo di massa online]
Con il passare del tempo, i videogiochi sono diventati sempre più complessi e sfaccettati. Forse i giochi più interessanti oggi sono quelli chiamati “Giochi a multigiocatore di ruolo di massa online” (MMORPG) come World of Warcraft, che hanno un’importanza sociale maggiore dei precedenti giochivideo ed offrono infinite possibilità di essere creativi e di risolvere problemi. [12]
In questi giochi online, i giocatori creano un personaggio (un avatar), che possiede dei tratti e delle risorse fisiche e psicologiche unici, e tale personaggio entra in un mondo virtuale complesso ed eccitante che è occupato simultaneamente da innumerevoli altri giocatori, che nella loro forma reale potrebbero trovarsi ovunque nel mondo. I giocatori partono per eseguire la propria ricerca nel mondo virtuale, e per strada incontrano gli altri giocatori, che possono diventare amici o nemici. I giocatori possono all’inizio giocare in solitario, evitando gli altri, ma per raggiungere i livelli più alti devono fare amicizia e unirsi agli altri nelle ricerche che si prefiggono. Fare amicizia nel gioco richiede sostanzialmente la stessa capacità di fare amicizia nella vita reale. Non si può essere scortesi. Occorre comprendere le regole della cultura in cui ci si trova e aderirvi. Occorre comprendere gli scopi di un amico potenziale e aiutare quella persona a raggiungere tali scopi. A seconda del comportamento che si ha, i giocatori possono metterci nella lista degli amici, oppure nella lista di quelli trascurati, e possono comunicare informazioni positive o negative su di noi agli altri giocatori. I giochi offrono ai giocatori delle possibilità infinite di mettersi a confronto con diverse personalità e con diversi modi di comportarsi, in un mondo immaginario in cui un fallimento non comporta nessuna conseguenza nella vita reale.
In questo tipo di giochi i giocatori possono anche unirsi a dei gruppi particolari chiamati guilds (corporazioni). Per far parte dei guilds un giocatore (o per essere più preciso, l’avatar del giocatore) deve riempire un modulo, molto simile a una candidatura per un lavoro, nel quale spiega il motivo per cui lui o lei potrebbero essere dei membri preziosi. I guilds generalmente sono strutturati in modo simile alle imprese del mondo reale, con i dirigenti, il comitato esecutivo, e persino la gestione del personale. Tali giochi sono, in molti modi, come i giochi di dramma creativo praticati dai bambini non ancora scolarizzati, ma vengono giocati in un mondo virtuale, e la comunicazione avviene unicamente tramite testi online, è migliorata e ulteriormente sofisticata anche per poter integrare gli interessi e le capacità dei ragazzi più grandi, gli adolescenti come gli adulti che giocano con loro. Come qualunque altro gioco di dramma creativo, essi sono saldamente ancorati alla comprensione del mondo reale, e educano ai concetti e ai requisiti sociali più rilevanti di quel mondo. In effetti, un’indagine commissionata dalla IBM Corporation ha concluso che i requisiti di leadership esercitati nell’ambito del MMORPG sono sostanzialmente gli stessi dei requisiti di leadership di un’impresa moderna. [13]
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Quindi, a coloro che vogliono conoscere la mia opinione riguardo al fatto che si debba o non si debba limitare il gioco al computer dei figli, la mia risposta è che NON SI DOVREBBE. Ma qual è la vostra opinione? Quali sono state le vostre esperienze o quelle di vostro figlio con questi giochi? Conoscete qualche ricerca valida che possa giustificare la decisione di impedire ai ragazzi di giocare ai videogiochi nonostante il loro desiderio? Questo blog è un forum di discussione, e le vostre posizioni e conoscenze saranno valutate e prese in considerazione seriamente, da me e dagli altri lettori. Potete manifestare le vostre idee nella parte riservata in basso ai commenti.
Come sempre, preferisco che postiate i vostri commenti e domande qui sotto, e non riceverli per mail privatamente. Mettendoli qui, potrete condividerli con altri lettori, non soltanto con me. Leggo tutti i commenti e cerco di rispondere a tutte le domande serie. Naturalmente, se avete da dire qualcosa che riguarda solo voi e il sottoscritto, allora mandatemi una mail.
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[1] Cfr: (a) Wack & Trantleff-Dunn, “relationship between electronic game play, obesity, and psychosocial functioning in young men; CyberPsychology & Behavior, 12, 241-244, 2009; (b) William e alii, “Who plays, how much and why? Debunking the stereotypical gamer profile”; Journal of Computer Mediated Communication, 13, 993-1018, 2008; (c) Durkin & Barber“Not so doomed: Computer game play and positive adolescent development”, Applied Developmental Psychology, 23, 373-392, 2002.
[2] Aarts et alii “Environmental determinants of outdoor play in children: A large-scale cross-sectional study”. American Journal of Preventive Medicine, 39, 212-219, 2010.
[3] Lenhart et al. “Teens, video games and civics: Teens gaming experience are diverse and include significant social interactions and civic engagements”, Report of the Pew Research Center, 2008 (disponibile online).
[4] (a) Olson, C. K. Children’s motivation for video game play in the context of normal development, Review of General Psychology, 14, 180-187, 2010; (b) Stevens e alii; “In- game , in-room, in-world:reconnecting video game play to the rest of kids’ lives, pp. 41-66 in K. Salen (Ed.), The ecology of games: Connecting youth, games and learning, The John D. and Catherine T. MacArthur Foundation series on digital media and learning, Cambridge, MA: MIT Press, 2008.
[5] Ferguson, C. “Blazing angels or resident evil? Can violent video games be a force for good?” Review of General Psychology; 14, 68-81, 2010.
[6] Ferguson (2010).
[7] Ferguson, C., & Rueda, S.M. The Hitman study: Violent video game exposure effects on aggressive behavior, hostile feelings, and depression, European Psychologist, 15, 99- 108, 2010.
[8] (a) Green C.S. & Bavelier, D. Action video game modifies visula selective attention, Nature 423, 534-537, 2003; (b) Spence, I. & Feng, J. Video gales and spatial cognition Review of General Psychology, 14, 92-104, 2010.
[9] Akilli, G. K. Games and simulations: “A new approach on education?“ In D. Gibson, C. Aldrich, & M. Prensky (Eds), Games and simulations in online learning: Research and development frameworks (pp. 1-20), 2007. Hershey, PA: Information Science.
[10] Black R. W. & Steinluehler C. “Literacy in virtual worlds”, in L. Christenbury, R. Bomer, & P. Smagorinsky (Eds.), Handbook of adolescent literacy research, (pag. 271-286), Guiford, New York, 2009.
[11] (a) Mc Loed L. & Lin L.: A child’s power in game-play. Computers & Education, 54, 517-527, 2010; (b) Olson, C. K. Children’s motivation for video game play in the context of normal development, Review of Gen. Psychology, 14, 180-187, 2010; (c) Przybylski A. K., Weinstein N. Ryan, R.M. & Rigby, C.S.: Having versus wanting to play: Background and consequences of harmonious versus obsessive engagement in video games, CyberPsychology & Behavior, 9, 772-775, 2009.
[12] Barnett J. & Coulson M.: Virtually real: “A psychological perspective on massively multiplayer online games”, Review of General Psychology, 14, 167-179, 2010.
[13] Reaves B. & Malone T.W.: Leadership in games and work: Implications for the enterprise of massive mltiplayer online role-playing games, Seriosity, Inc., 2007. Pubblicato online su: www.seriosity.com
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Peter Gray, medico, professore ricercatore al Boston College, e autore del libro recentemente pubblicato Free to Learn (Basic Books) e Psychology (un libro di testo, ora alla sesta edizione).
Altri articoli di Peter Gray in inglese:
www.psychologytoday.com/blog/freedom-learn
Libro in inglese Free to Learn:
Articolo originale in inglese:
www.psychologytoday.com/blog/freedom-learn/201201/the-many-benefits-kids-playing-video-games
Traduzione a cura di Alessandra Tamanti. Revisione: Michela Rovera
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